Opere

 

Da "Talento", Lorenzo Editore, n.4/2001

Wilma Minotti Cerini, Alla ricerca di Shanti, Poesie, Prometeus - Milano (http://www.in vendita anche presso la libreria elettronica iBS - internetbookshop: clicca)

 

            Ritorna, in una seconda edizione aumentata, la silloge della nota poetessa e scrittrice Wilma Minotti Cerini, che già aveva avuto ampio riconoscimento da pubblico e critica nel 1993; introduzione e postfazione di Francesco Di Ciaccia.

            Sono liriche di penetrante religiosità. La ricerca trascendente della Minotti Cerini, nei primi anni entro il Cristianesimo, si è allargata nel tempo alla spiritualità orientale. Poesia - padre Turoldo, Tagore…- e testi filosofico-religiosi tanto dell’Oriente quanto dell’Occidente cristiano hanno portato linfa alla personale poetica, colta e sensibile, dell’autrice. Secondo chi, come lei, creda nella reincarnazione, la ricerca dura non solo per tutta la vita, ma continua nelle successive; precisamente, si tratta di un’alter-ricerca, una via di sublimazione pneumatica la quale percorre, appunto, tutte le esistenze immanenti e che, in ciascuna, si accompagna all’indagine psichico-cognitiva, che inizia invece daccapo ad ogni nuovo ritorno in terra, non perdurandovi la memoria delle vite precedenti. Mi pare d‘averlo già scritto a proposito di altra sua opera, ma penso giovi ricordarlo, che questa scrittrice è giunta, per il momento, ad una teosofia vicina a quella dello gnosticismo cristiano; ma con una differenza fondamentale: per gli gnostici, solo l’élite spirituale si salva, per la Minotti Cerini, così come troviamo nel Nuovo Testamento, tutti sono chiamati alla Salvezza. Era la posizione di Origene, che combatteva gli gnostici proprio perché elitari e credeva alla sublimazione dello spirito umano, anzi dell’intero universo, attraverso cicli vitali successivi, fino alla completa trasformazione della materia in pneuma e alla sua unione con Dio: un Dio personale, il Dio della Bibbia, proprio come per questa poetessa che, dall’Oriente, ha tratto quanto ha sentito di poter conciliare nel suo intimo con l’amore per Cristo. Così fu pure per Tagore, a differenza della poetessa non partito dal Cristianesimo, ma che lo accolse quale parte della propria complessa, personale religiosità.

La lirica “Alla ricerca di Shanti” - della Pace interiore -, è un po’ una sintesi della raccolta e, quindi, della ricerca pneumatica - e cristica - su cui la silloge è basata: “/ (…) da siepe a siepe / da rovo a rovo / ti seguirei a testa china / pur di venire con te. / Da quando ho visto/ la luce del Bhakti, / l’oro non luccica più/ ai miei occhi”. Bhakti è l’Amore verso il Signore e direi, conoscendo lo spirito cristiano della Minotti Cerini, che in questa lirica ella stia parlando a Cristo, nell’estasi dell’amore ch’egli ha predicato e vissuto direttamente e, come Dio, ispirato pure nella filosofia religiosa orientale, con il Budda, quel Budda che rivelò non essere eterno il ciclo delle reincarnazioni, prima di lui avvertito in India come una tragica, disperante, sempiterna condanna alle miserie di fondo della vita materiale: non solo nel giudeo-cristianesimo, ma pure nelle filosofie religiose non ufficialmente rivelate e, secondo il cristiano, incomplete perché mancanti del Cristo, la Rivelazione c’è stata ed è stata a tappe. Scrive l’autrice in altra poesia: “Il Tuo spirito è sceso come un calore / e tutta mi ha pervasa, / prati verdi hanno ricoperto il mio / terreno arido /(….)”: in termini cristiani, è l’illuminazione dello Spirito Santo, la Grazia, che il suo amato poeta padre Davide Maria Turoldo esprimeva a sua volta, pur se con parole e concetti strettamente testamentari; quel poeta di cui l’autrice, cogliendone bene l’essenza, scrive tra l’altro: “Come un albero possente / le mani nodose/ di chi conosce/ la terra dura / e soffice dopo la zappa/ (…)”: la zappa della ricerca interiore, nel sacrificio, che induce a buon frutto la bruta materia, che avversa quel peccato dell’animalità che vive, insieme all’anima, nel cuore umano. Scrive ancora la Minotti Cerini: “(…) / tra timidezze e ardori / quando la luce ha occhi amanti / dispoglia involucri invernali / per offrirsi a procelle / e a radiosi azzurri”; la procella è il tormento interiore costruttivo che, servendo l’Amore, sgombra le nuvole del male. Ho appena accennato: lascio al lettore di gustare appieno le allegorie, espresse in modulati versi liberi, di questo bel libro spirituale.

                                                                                                                 Guido Pagliarino

 

Alessandro Lamberto, Sensazioni, Poesie, L'Autore Libri Firenze (puoi ordinarlo anche presso la libreria elettronica iBS - internetbookshop: clicca)

 

“Sensazioni” è la prima silloge di poesia d’un medico scrittore del quale sta per giungere in libreria anche un  romanzo. Si tratta d’un agile volumetto tascabile che raccoglie una scelta delle liriche che Alessandro Lamberto ha scritto lungo tre decenni.

 La sua preferenza è per il verso breve, a volte di sole tre sillabe, eccezionalmente, addirittura, di una sola, con alcuni ipermetri che si slanciano verso una speranza o su immagini di bellezza,  ma subito frenano lasciando la via ad uno o più versi ipometrici assorti. Così, ad esempio, in “8 luglio 1971”: “Mille dardi sfavillanti, nell’oscurità del cielo./ La diafana luce della luna/ che scivola dalle cime dei monti/ nella vallata buia. Eccezionalmente, il poeta sceglie la prevalenza del decasillabo – “Continuo a cercare” – , verso pericoloso, col suo rischio di trombona aulicità, che il Lamberto sa però spontaneamente padroneggiare, flemmatizzando all’occorrenza la composizione coll’intromettere uno o più versi molto corti.

Qualche linea forse, qua e là nella raccolta, è di troppo, almeno secondo il mio gusto. Riporto, intera, la poesia “Il punto”, in cui l’autore è attratto, o così interpreto, da una luminosa stella, simbolo di Dio, nel buio: “Un punto lontano/ mi chiama,/ mi attira col suo raggio. / Tutt’intorno/ è il nulla. / Solo quel punto/ che mi avvince / mi attrae/ mi avvinghia/ e… finalmente/ sono felice”: mi sarebbe piaciuto un solo verso al posto degli ultimi due, un semplice “felice”.

Argomento di fondo, il Divino e la sublimazione dello spirito umano imprigionato dalla carne le cui miserie e sofferenze l’autore, chirurgo di pronto soccorso per tanti anni, conosce assai bene: “Il cristallo/ parla/ parole di luce/ e solo divenendo cristallo/ si possono udire”.

Nel complesso, una raccolta di poesie neo-ermetiche che ho letto con piacere.

Nelle librerie convenzionate con “L’Autore Libri".

Guido Pagliarino