Opere

Da "Talento", Lorenzo Editore, n.3 / 2003

Recensioni di Guido Pagliarino

Massimo Introvigne, I Testimoni di Geova già e non ancora, Saggio, Editrice ELLEDICI - Religioni e movimenti, 2002, pp. 142, € 9,00

Prescindendo dall’Islam in Italia, che riguarda in grandissima parte immigrati, e considerando i soli cittadini, il movimento dei Testimoni di Geova costituisce la seconda religione nel nostro Paese, con circa quattrocentomila fedeli. Eppure, sono rari i saggi storici e sociologici che ne trattano, di cui diversi ormai datati in quanto il fenomeno dei Testimoni è andato variando nel tempo; ad esempio, il Natale era caldamente festeggiato al tempo del fondatore Taze Russell, mentre è ormai respinto come pagano dopo che i nuovi capi s’erano accorti che la festa della Natività era stata fissata dalla Chiesa cattolica nello stesso giorno di quella iranico-romana del Sole invitto. Molto opportunamente è uscita dunque quest’opera aggiornata del sociologo delle religioni e dei movimenti spirituali Massimo Introvigne.

L’autore applica di fondo al fenomeno dei Testimoni il principio della razional choice, per il quale modelli economici sono riferibili fruttuosamente alla sociologia delle religioni: per questo principio, il fenomeno religioso viene studiato, pure, come un forma di mercato di concorrenza tra ditte. Il lettore approfondirà il concetto di razional choice nel I capitolo. Nel secondo, Tra continuità e innovazione, l’Introvigne tratta del fondatore Charles Taze Russell. Nel terzo, parla del successore Joseph F. Rutherford e delle varianti ch’egli apportò a questa religione. Il quarto capitolo tratta del dopo-Rutherford: questo dirigente era riuscito a prevedere ed evitare problemi e divisioni dopo la sua morte, occorsi invece dopo quella del fondatore. L’autore scrive poi sui punti salienti dell’attuale dottrina dei Testimoni per i quali, fra l’altro, Gesú Cristo non è la seconda Persona della Trinità, che essi rifiutano, ma il primo fra i creati da Geova ed è coincidente con l’arcangelo Michele; Gesú-Michele muore su di un palo e non sulla croce: i capi avevano notato, a un certo punto, che la croce egizia, simbolo di coito, assomiglia a quella cristiana, e l’avevano dunque esclusa dalla loro religione; per i Testimoni il corpo con cui Cristo risorto si presenta ai discepoli è una semplice apparenza, Gesú non ha avuto risurrezione del corpo ma è salito a Geova soltanto col suo spirito angelico. L’autore parla poi della questione del sangue; della cronologia del movimento, con le varianti apportate via via alla dottrina; dell’attesa escatologica, con la fine del mondo che non arriva mai nell’anno previsto e viene rimandata, fino a quando nel movimento non si parla più d’una data; e di altro ancora. Nel sesto capitolo, l’Introvigne scrive dell’organizzazione del movimento e del notevole numero di conversioni ch’esso ottiene. Infine, nel settimo prospetta il futuro dei Testimoni di Geova, con un richiamo, conclusivo, a quanto premesso nel primo capitolo a proposito della razional choice.

Pur essendo l’opera stampata da un’editrice salesiana e l’autore un cattolico praticante, il taglio del saggio è rigorosamente scientifico. Mi pare inoltre volutamente rispettato il principio del politically correct: vengono evitate polemiche, anche solo apparenti; ad esempio, non è ben evidenziato l’accanimento verbale dei Testimoni contro la Chiesa, da loro giudicata una sinagoga del satana i cui membri sono tutti indirizzati all’inferno.

Guido Pagliarino

 

Guerino Iaquinta, Il Vicario nero - Satire, Cronache Italiane, 2002, pp.86, € 7,00

            Ultimo d’una serie di libri di versi in italiano e in vernacolo, esce di Guerino Iaquinta, in lingua, “Il Vicario nero - Satire”, silloge che, nonostante il sottotitolo, raccoglie anche poesie liriche, pur prevalendo i componimenti satirici.

            A mio sentire, l’autore riesce più felice nel primo genere, per musicalità e per sentimenti, tra i quali prevalgono i ricordi, nella nostalgia: “Dovevo diventare vecchio / per ricordarmi di te, / sillabario sgualcito / imbrattato d’inchiostro…”, oppure nella rimembranza di passati sogni, nel rammarico deluso: “Tra l’azzurro cupo del mare / e la sabbia, c’era un vuoto, / un fantasma impaurito / dalla sua stessa ombra…”; “Su una zattera / di paglia, / ho attraversato / l’oceano dei sogni. /…/ All’improvviso, / un vento impetuoso / ha rovesciato / la zattera… / nei pugni stringevo / le schegge di un sogno…”. Sono pure interessanti alcune “Massime”, quasi degli haikù, di tre brevi versi ma non conformi allo schema metrico 5 / 7 / 5, come il seguente: “Una lacrima assonnata / si confonde / con la rugiada”.

Per quanto riguarda il genere satirico, lo Iaquinta riesce a cogliere normalmente nel segno, sia pur con qualche eccezione in quei versi dove difetta un poco di sublimato distacco e in cui s’abbandona, ancora a caldo, alla passione politica o sociale, come nei seguenti: “Che squisito processo / e “Galeotta” Giustizia… / sembra una meretrice, / zozzosa e rognosa, / con la quale vanno a letto / altrettanti zozzosi”. Quando però l’indignazione decanta, ecco versi più lievi: “Amo e temo il mio Dio, / Unico Signore, / rispetto quello degli altri /… / perché Dio è uno solo / e si chiama ‘AMORE‘ ”. Il poeta, cristiano, non risparmia strali alla stessa sua Chiesa, se il senso di giustizia glielo impone: “Tra meriti e demeriti, Monsignore, / avete diritto a qualche lode: / La Vostra politica ‘d’invasione’ / ci ha fruttato squisiti e ricchi doni, / tra cui sifilide, lebbra, A.I.D.S. / e prostituzione… / Per contropartita /avete trascurato la famiglia / dei ‘veri’ cristiani”. Se la prende persino, scherzosamente, col Padreterno, relativamente alla colpa di Adamo ed Eva, vista come peccato sessuale, non di superbia e ribellione a Dio: “Però la colpa / è pure Vostra: / se aveste creato la nonna / meno leggiadra, / probabilmente, / non ci sarebbe stata / la frittata… /…/ In qualità di figlio e di nipote / sono molto turbato: /se l’Amore è peccato, / vorrei capire, / il peccato cos’è? / in verità il castigo / mi è parso un po’ eccessivo…”.

Di fondo, un grande ottimismo: “Filano i giorni lisci / come l’olio /…/ Non andate di fretta, facciamo un po’ di strada / ancora insieme, / il meglio / è tutto da scoprire”.

Guido Pagliarino